La ruminazione: quando non riusciamo a “metterci una pietra sopra”
di Valentina TomizzaA tutti noi è capitato di soffermarci a riflettere sulla risoluzione di un problema, su noi stessi, sulle nostre emozioni, sui nostri potenziali errori o insuccessi. Alle volte è successo che rimanessimo incastrati in questi pensieri, in un circolo vizioso, che alla fine non ha portato a nessun miglioramento del nostro stato d’animo o a nessuna soluzione del nostro problema.
Rimanere bloccati in pensieri ripetitivi e invischiati nello stato emotivo negativo che ne consegue è quello che in psicoterapia chiamiamo ruminazione.
Che cosa si intende per ruminazione?
Il termine ruminazione è stato preso in prestito dalla zoologia e per la precisione dal modo di mangiare delle mucche. Questi animali possiedono, oltre allo stomaco, una sacca, chiamata rumine, dove depositano il cibo ingerito per poi riportarlo in bocca e masticarlo, ingurgitarlo, rigurgitarlo e rimasticarlo per più volte.
In psicologia indica “quel pensiero ripetitivo e ricorrente sui sintomi (es. stanchezza, flessione del tono dell’umore), sulle emozioni, sui problemi, sugli eventi e sugli aspetti negativi del Sé, con una particolare attenzione rivolta alle loro cause, ai loro significati e alle loro implicazioni” (Watkins E. R., 2018).
La ruminazione viene considerata un processo transdiagnostico, ovvero è un meccanismo che si ritrova in molteplici disturbi e che ha un ruolo importante nell’eziologia, nel mantenimento e nelle ricadute di molteplici patologie (depressione, disturbi d’ansia, disturbo post traumatico da stress e disturbi dell’alimentazione).
In particolare tale meccanismo è considerato un elemento chiave nella depressione. Le persone depresse descrivono la ruminazione come qualcosa di non intenzionale, persistente, ripetitivo, difficile da interrompere e da controllare, che provoca un aumento di tristezza, stanchezza, sofferenza, insonnia, procrastinazione, autocritica, pessimismo, ansia e disperazione.
Ruminare è normale?
È importante riconoscere che tale meccanismo è una reazione comune e normale, e che nella maggior parte dei casi ha una durata breve. Ad esempio in seguito ad un lutto o ad un errore commesso è abbastanza comune ritrovarsi a ruminare, al fine di cercare di dare un senso ad un evento sconvolgente o di risolvere un problema. Le persone che invece sviluppano un disturbo, trascorrono molto più tempo e dedicano molte più energie mentali ed emotive a questo genere di attività, amplificandone i suoi effetti negativi e restandone inconsapevolmente vittime.
Possiamo anche distinguere tra una ruminazione “efficace” e una “inefficace”. Una ruminazione è utile quando si riflette sul problema, concentrandosi su una risoluzione concreta di quest’ultimo oppure, se ritenuto irrisolvibile, si decide di abbandonarlo e di dedicarsi ad attività più gratificanti e produttive. Una modalità costruttiva sarà quindi caratterizzata da uno stile di pensiero concreto, specifico e focalizzato sul problem solving (ad esempio chiedersi “come?”). Una modalità negativa di ruminare, sarà invece definita da uno stile di pensiero astratto e valutativo (ad esempio chiedersi “perché?”), e si focalizzerà sui problemi e sulle difficoltà di una situazione e non sulla ricerca di una soluzione.
Una prima domanda che possiamo provare a rispondere per capire se la modalità di pensiero che stiamo utilizzando sia del primo o del secondo tipo, è chiedersi se questo meccanismo ci stia aiutando o ci stia ostacolando a raggiungere l’obiettivo o il superamento della nostra problematica.
Quali sono le funzioni della ruminazione?
- Per comprendere le cause, i significati di eventi, emozioni e comportamenti. Può avere quindi lo scopo di ottenere una sensazione di controllo, in modo da evitare che succedano nuovamente cose spiacevoli.
- Al fine di automotivarsi e spronarsi a migliorare la performance, le persone possono riflettere sulle proprie difficoltà o sui propri difetti. Se questa funzione è caratterizzata da critica a lungo termine può amplificare le proprie autovalutazioni negative.
- Per pianificare e prepararsi eventi futuri, immaginando che cosa accadrà e quali potrebbero essere le eventuali reazioni. Tale modalità può portare all’evitamento del confronto diretto con la situazione attuale, se gli scenari vengono meticolosamente progettati, ma mai concretizzati.
- Per evitare di diventare il tipo di persona che l’individuo teme di essere, come ad esempio avere il timore di essere una persona arrogante e ripensare a quando si è stati invadenti o egocentrici e rimproverarsi per tale comportamento.
- Per distogliere l’attenzione da eventi esterni noiosi, difficili o spiacevoli, concentrandosi su un mondo interno fatto di ricordi, immagini e pensieri (sognare ad occhi aperti).
- Al fine di evitare il rischio di fallimento o l’umiliazione, la ruminazione può focalizzarsi su situazioni ritenute rischiose o difficili, riflettendo su cosa potrebbe succedere, sui significati e sulle possibili conseguenze. Nel corso del tempo può portare a procrastinazione ed evitamento della situazione.
- Per anticipare le critiche e le potenziali reazioni negative altrui, provando a leggere la mente dell’altro e a prevedere cosa potrebbe accadere.
- Per tenere sotto controllo sensazioni ed emozioni spiacevoli, ruminando per esempio su come le proprie difficoltà siano causate dagli altri, passando quindi dalla tristezza alla rabbia.
- Allo scopo di fornire scuse e razionalizzazione per il non aver cambiato idea o il non aver intrapreso un’attività, riflettendo sulle difficoltà e sui problemi.
- Al fine di raccogliere prove ed argomentazioni sul perché le cose dovrebbero andare in un certo modo e trovare giustificazioni per il proprio comportamento, unitamente a standard elevati e vissuti di rabbia quando gli altri non li rispettano.
Bibliografia:
Leveni, D., Michelin, P. & Piacentini, D. (2018). Superare la depressione. Erickson, Trento.
Watkins, E. R. (2018). La terapia cognitivo comportamentale focalizzata sulla ruminazione per la depressione. Erickson, Trento.
Wells, A. (2018). Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione. Erickson, Trento.