Nelle circolari ministeriali (27.12.2012, 06.03.2013 e 22.11.2013) riguardanti i “Bisogni educativi speciali” (BES), viene stabilito che alcuni disturbi evolutivi hanno diritto ad usufruire le misure previste dalla legge 170/2010.
Risulta quindi necessario elaborare un percorso individualizzato e personalizzato anche per gli alunni con ADHD, attraverso la redazione di un Piano Didattico Personalizzato (PDP), che serva come strumento di definizione, monitoraggio e documentazione delle strategie di intervento più idonee.
Inoltre, data la pervasività del disturbo, dalla letteratura si evince che è maggiormente consigliato un intervento multifocale, che coinvolga il bambino, i genitori, ma anche gli insegnanti. Infatti, il contesto scolastico, oltre a quello familiare, è sicuramente uno degli ambiti in cui le difficoltà peculiari del bambino con ADHD si manifestano in maniera più evidente e con maggiore frequenza.
Ma quali sono gli interventi che la scuola può mettere in atto di fronte a un bambino con diagnosi di ADHD?
Un obiettivo primario consiste nel promuovere il cambiamento nella percezione e nel sistema di attribuzioni, che vengono usate per spiegare i comportamenti del bambino sia dagli adulti di riferimento sia dal bambino stesso.
Alla domanda “come mai non stai attento?” il bambino ADHD risponde frequentemente che non si impegna abbastanza o che non è sufficientemente bravo, anche perché queste credenze sono spesso convalidate dagli adulti.
Risulta quindi fondamentale comprendere che il suo sistema attentivo funziona in un certo modo e iniziare a riconoscere con precisione quali sono le situazioni in cui si manifesta il deficit, privilegiando un approccio personalizzato in cui vi sia un’alta collaborazione tra tutte le figure coinvolte, compreso il bambino.
Gli interventi basati sugli antecedenti
Nella prassi comune si pone molta enfasi sugli interventi basati sulle conseguenze, ma nel caso dei bambini ADHD si sono rivelati altrettanto utili quelli “basati sugli antecedenti”, ovvero quelle strategie che tentano di cambiare l’ambiente che circonda il bambino, in modo da facilitare la messa in atto di comportamenti desiderabili e la diminuzione di quelli indesiderabili.
Gli insegnanti possono intervenire in vari modi, aiutando il bambino a prevedere le conseguenze di determinati eventi prima di agire, organizzando e strutturando il contesto in cui lavora il bambino, instaurando delle routine e stabilendo delle regole.
L’organizzazione della classe
La classe deve essere organizzata in modo tale da fungere da ambiente facilitante per l’alunno ADHD:
- il bambino deve essere visibile e facilmente raggiungibile dall’insegnante, in modo tale da permettere un intervento tempestivo;
- è opportuno che i compagni vicini a lui siano piuttosto tranquilli, fungendo così da modelli positivi di comportamento e non da fonti di distrazione;
- dovrebbe essere in una posizione tale che se vuole alzarsi non disturba troppo i compagni;
- dovrebbe essere seduto lontano da fonti di distrazione quali i cartelloni, il cestino, la porta, le finestre, l’orologio, gli armadi o il tavolo con il materiale per i vari laboratori;
- non dovrebbe avere troppi compagni davanti a lui, perché possono distrarlo ed essere un potenziale “pubblico” per lui.
Routine e attività strutturate con tempi prestabiliti
Il bambino ADHD ha difficoltà ad autoregolare il proprio comportamento e ciò avviene soprattutto quando non riesce a comprendere cosa l’ambiente si aspetta da lui. Per questo diventa importante che l’attività scolastica sia scandita il più possibile da routine, che gli permettano di prevedere tempi e richieste e, di conseguenza, di cercare di modulare il proprio comportamento ad esse.
È utile fare un inventario delle routine e renderle esplicite agli studenti, introducendole come regole di comportamento. Affinché siano efficaci, le regole devono essere:
- condivise, discutendone in classe;
- proposizioni positive e non divieti;
- semplici, espresse con frasi brevi e chiare, e descrivere le azioni in modo operativo;
- poche (al massimo 8-10);
- supportate da materiale simbolico, che funge da segnale immediato;
- trascritte su un cartellone e sempre ben visibili a tutti.
Inoltre, può essere applicato sul banco del bambino un foglio con alcune regole di base (alza la mano per fare una domanda, stai seduto durante le lezioni, etc.), in modo tale che gli siano sempre visibili e “a portata di mano”.
Esse servono per guidare il comportamento del bambino, ed è pertanto importante fornirgli un feedback ogni volta che si è agito secondo le regole (rinforzo).
Un’altra modalità utile di operare, è quella di abituare questi bambini a lavorare con tempi prestabiliti, ovvero aiutarli a valutare, a organizzare e a pianificare meglio il compito. Essi, infatti, sono poco abili nel fare stime realistiche di grandezze, tempi, quantità e difficoltà. Dopo aver dato le consegne di un compito, una buona prassi può essere quella di verificarne la corretta comprensione, discutendo della difficoltà e dei tempi per lo svolgimento. Anche in questo caso può essere molto utile usufruire di simboli pittorici, che indichino la difficoltà e i tempi di lavoro richiesti.
L’organizzazione del materiale
Una delle difficoltà che il bambino ADHD riscontra in ambito scolastico è quella dell’organizzazione del materiale: spesso lo dimentica a casa o lo perde, disturbando conseguentemente lo svolgimento della lezione per chiederlo in prestito a qualche compagno.
Una strategia può essere quella di creare un “cartellone dei materiali”, nel quale vengono segnati, tramite appositi disegni, tutti i materiali che servono per l’attività scolastica, e uno schema del materiale necessario per ogni materia da attaccare sul diario dei bambini. Questa procedura può essere estesa a tutta la classe, così da non sottolineare l’inefficacia del bambino ADHD e perché può comunque essere utile a più di qualche alunno.
Conclusioni
Si sottolinea, infine, l’esigenza di associare questo tipo di interventi basati sugli antecedenti a quelli basati sulle conseguenze, in modo tale che il bambino riceva direttamente un feedback sul suo comportamento. Essi, infatti, mirano a migliorare il comportamento attraverso l’apprendimento di conseguenze positive o negative. Le conseguenze positive (i rinforzi simbolici, sociali, materiali e dinamici) aumentano la frequenza, l’intensità e/o la durata di un dato comportamento, mentre quelle negative (l’ignorare pianificato, il rimprovero, le conseguenze logiche e il costo della risposta) le fanno diminuire. In particolare, è bene seguire alcuni accorgimenti: il feedback dell’insegnante deve essere immediato affinché sia efficace, le conseguenze devono essere offerte frequentemente e gli incentivi devono essere ricchi ed allettanti, cambiandoli per evitare l’abitudine. Le conseguenze negative non dovrebbero mai essere utilizzate per prime e da sole, ma sempre in concomitanza con opportune conseguenze positive: le prime dicono cosa non bisogna fare, ma non spiegano al bambino il comportamento adeguato.
In conclusione, va sempre preferito un approccio personalizzato in cui vi sia un’alta collaborazione tra tutte le figure coinvolte, compreso il bambino.
Dott.ssa Valentina Tomizza
Bibliografia:
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http://www.aidaiassociazione.com/Linee_Guida_Trattamento.htm