Qual è la differenza tra preoccupazioni e pensieri intrusivi?

di Valentina Luciani

Le preoccupazioni sono del tutto normali per noi essere umani. Tutti, di fronte ad un evento negativo inatteso possiamo sperimentare ansie, preoccupazioni e timori. Preoccuparsi, ci mette in uno stato di allerta e di attivazione utile ad indirizzare le nostre energie per la risoluzione o il fronteggiamento della situazione/problema (problem solving). Una sana preoccupazione e ansia, pertanto, è ciò che ci spinge ad affrontare le sfide della vita quotidiana e va vista come un’alleata nelle difficoltà.

Per alcune persone, però, il processo sano e adattivo della preoccupazione potrebbe non funzionare. Può succedere che la preoccupazione si spinga oltre un certo livello e inneschi, così, una reazione di ansia eccessiva: di conseguenza la preoccupazione non spinge più verso la risoluzione del problema, quanto più su un vortice di pensieri che blocca letteralmente l’azione.

In questo scenario di ansia e preoccupazioni molto intense e invalidanti, talvolta, può capitare che arrivino dei pensieri intrusivi, ovvero dei pensieri o immagini percepiti come esterni, che non riconosciamo come parte di noi, che si sono introdotti forzatamente, contro la nostra volontà, nella nostra mente.

Questi pensieri o immagini intrusivi sono solitamente di natura catastrofica: possono riguardare la paura che succeda qualcosa a noi o a un nostro caro, come un incidente o una malattia terribilmente brutta; possono presentarsi sottoforma di “flash” come nel caso dei pensieri intrusivi tipici di chi ha subito un trauma (Disturbo Post Traumatico da Stress); possono riguardare la sfera alimentare e tutte le paure correlate al peso e alla forma nel corpo come nel caso delle patologie alimentari oppure un singolo elemento disarmonico del corpo come nel dismofismo corporeo; infine, possono presentarsi sottoforma di pensieri ossessivi (come nel Disturbo Ossessivo Compulsivo) la cui “irruzione” incontrollata costringe la persona a mettere in atto dei comportamenti, definiti rituali, con lo scopo di abbassare l’ansia.

Tutti possiamo avere dei pensieri intrusivi, ma non per tutti questi pensieri portano a una forma di disagio e sofferenza. Spesso, le persone che si ritrovano improvvisamente a vivere pensieri intrusivi interpretano la difficoltà nel saperli gestire come un fallimento, la prova della propria debolezza, inettitudine e inadeguatezza.

I pensieri intrusivi di tipo ossessivo: il Disturbo Ossessivo Compulsivo

I pensieri intrusivi ossessivi del Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) sono particolarmente invalidanti perché solitamente sono caratterizzati da pensieri (dubbi, rimuginii, ecc.) immagini (ad esempio scene violente) o impulsi (ad esempio strangolare qualcuno) ripetitivi e persistenti, che causano un’ansia intensa o un fortissimo disagio emotivo (paura, disgusto o senso di colpa). A volte il disagio provato è descritto come una sgradevole “sensazione che c’è qualcosa che non va” o che qualcosa non sia “a posto” (Not Just Right Experience). Questi fenomeni mentali sono percepiti come disturbanti ed incontrollabili da chi li sperimenta.

Occasionalmente tutti possono avere dei pensieri intrusivi di tipo ossessivo (circa l’80% della popolazione generale), ma ciò che rende differente un pensiero ossessivo “comune” da quello tipico del DOC deriva dalla frequenza, meno pressante, e dalla valutazione che la persona fa delle proprie ossessioni, ovvero le persone tendenzialmente non danno loro troppa importanza e non sentono di mettere in discussione se stessi o i propri valori per il fatto di aver avuto tali pensieri.

Nel DOC, quindi, proprio perché vi è l’inaccettabilità del contenuto del pensiero, la persona cerca di ignorare o sopprimere le ossessioni attraverso dei comportamenti definiti rituali, cerimoniali o compulsioni, che hanno lo scopo di neutralizzare o sopprimere il pensiero e/o l’immagine ossessiva.

Il contenuto di questi pensieri, immagini o impulsi può variare da persona a persona. In linea generale è stato possibile identificare i seguenti tipi:

  • ossessioni di contaminazione: pensieri o immagini relativi al dubbio di essere entrato in contatto con sostanze contaminanti o disgustose, di solito seguiti da rituali di lavaggio;
  • ossessioni superstiziose: pensieri o immagini relativi a eventi catastrofici che possono accadere a sé o ad altri se non si eseguono certi rituali;
  • ossessioni di danno: pensieri o immagini riguardanti il possibile danno a sé o ad altri causato dalle proprie disattenzioni, solitamente seguiti da rituali di controllo;
  • ossessioni aggressive: pensieri, immagini o impulsi di far del male ad altre persone pur non volendolo, ad esempio temere di maneggiare un coltello per la paura di non sapersi “controllare” dall’impulso di far male a qualcuno;
  • ossessioni autolesive: pensieri, immagini o impulsi di far del male a sé stessi, ad esempio sentendo l’impulso di volersi buttare giù dalla finestra, pur non desiderandolo;
  • ossessioni di omosessualità: pensieri, immagini o impulsi sessuali che innescano nella persona eterosessuale il dubbio di poter essere omosessuale latente;
  • ossessioni di relazione: pensieri, immagini o impulsi sessuali verso altre persone che innescano dubbi sull’adeguatezza della propria relazione o del proprio partner;
  • ossessioni sessuali e di pedofilia: pensieri, immagini o impulsi intrusivi di tipo sessuale, anche rivolti nei confronti di bambini che scatenano l’intensa paura di poter essere perversi o pedofili, anche se la persona non è assolutamente attratta dai bambini;
  • ossessioni religiose: pensieri, immagini o impulsi blasfemi, ad esempio bestemmiare in un luogo sacro.

In sintesi, quando la persona mette in relazione l’evento temuto con una propria responsabilità e la propria identità (soprattutto in termini morali), allora questo diventa critico per l’innesco del dubbio ossessivo. Quando l’ossessione si presenta, la persona tende ad attribuire un’importanza eccessiva al pensiero, sovrastimare la possibilità di controllarlo e, infine, sovrastimare la pericolosità dell’emozione associata (Mancini, 2016).

Infine, Mancini (2016), uno dei principali studiosi del DOC in Italia, afferma che poter comprendere il confine tra un pensiero intrusivo e un’ossessione è importante notare se il nostro dubbio sta assumendo le caratteristiche della scrupolosità, ossia se a conclusione di un ragionamento seguono nuovi dubbi o ragionamenti del tipo “e se magari…”, “e se fossi davvero…”, “e se non fosse un ossessione…”. A quel punto la ricorsività e la scrupolosità ci indicherebbero che siamo nel campo dell’ossessività.

Sia che si tratti di preoccupazioni intense e invalidanti, di pensieri intrusivi o di pensieri ossessivi, la Terapia Cognitivo Comportamentale risulta molto utile, aiutando innanzitutto la persona a riconoscere i pensieri, distinguere tra quelli utili e funzionali e quelli disfunzionali e irrazionali. Le tecniche utilizzate si rivelano poi ottime alleate per la loro messa in discussione al fine di riacquisire una percezione di controllo di sé più funzionale.

Dott.ssa Valentina Luciani

 

Bibliografia:

D.A. Clark e A.T. Beck (2016). Il manuale dell’ansia e delle preoccupazioni. La soluzione cognitivo comportamentale. Positive Press.

F. Mancini (2016) La mente ossessiva. Curare il disturbo ossessivo-compulsivo. Raffaello Cortina Editore.