Secondo varie tradizioni filosofiche e spirituali, una forma comune di depressione deriva dallo sfinimento mentale, fisico o spirituale, dovuti alla ricerca di appagamento nel piacere ed in varie attività materiali e superficiali, anziché una comprensione più profonda di noi stessi.
Questa depressione è causata dall’ansia, dall’idea di dover essere proiettati all’esterno per trovare o fuggire da qualcosa; deriva dall’eccesso di attività insensata, volta ad ottenere ed acquisire, che porta ad una profonda stanchezza dovuta al fatto che la vita è insoddisfacente e noiosa. La causa profonda di questa forma di depressione è un sentimento di disconnessione con sé stessi e con l’universo circostante.
La depressione può essere considerata una forma estrema di inconsapevolezza: un aspetto accennato implicitamente dalla maggior parte delle teorie sulla depressione è che consista in una disconnessione fra la persona sofferente e la sua percezione fondamentale di essere presente alla propria vita, e ciò comporta immobilità, rinuncia, ostilità verso sé stessi e gli altri, la convinzione che il male sia più reale del bene.
Può essere causata da circostanze di vita difficili e da qualunque situazione che abbia prodotto uno stato di non accettazione e, quindi, uno stato di non consapevolezza.
L’aspetto efficace della risposta consapevole alla depressione è che essa ristabilisce contemporaneamente l’accettazione e la consapevolezza.
Non ci si arriva abituandosi a pensare meglio, modificando il contenuto dei pensieri, bensì seguendo un processo naturale di recupero della propria connessione perduta con lo svolgersi della vita mentre si realizza momento per momento, senza giudizi.
Meno ci relazioniamo con gli schemi di pensiero depressivi, meno ci disturba il loro andare e venire: non pensiamo che siano loro che ci ferrano, forse siamo noi che ci aggrappiamo a loro magari senza renderci conto che non li lasciamo andare.
Dott. Andrea Meneghetti